ALPHAGALLERY 1°appuntamento (3 giugno 2013)
Il nostro Chagall!
Alphaville dà il via con “Il nostro Chagall” alla sua prima mostra digitale, scelta sentimentale e ragionata di temi ed immagini tratte dall’opera di Marc Chagall a cura di Liliana Cantatore e Paola Ferrantelli. Nella cavalcata audiovisiva tra le opere del grande Maestro particolare cura verrà riservata dalle nostre ‘traghettatrici artistiche’ alle figure della lotta e dell’abbraccio, capisaldi del più autentico percorso sull’amore che Chagall ha saputo dedicare a tutta l’umanità attraverso - e nonostante - gli orrori del ‘900.
Verranno dunque proiettate sullo schermo le tele selezionate dalle curatrici che, presenti in sala, le commenteranno ad una ad una con l’ausilio di piccole sequenze filmate e letture di brani tratti da saggi, studi di settore, opere letterarie di riferimento.
Marc Chagall(1887-1985) nasce a Liosno, presso Vitebsk nel 1887.Dal 1906 al 1909 studia prima a Vitebsk, quindi all'accademia di Pietroburgo, dove è allievo anche di Léon Bakst.Nel 1910 si trasferisce a Parigi. Qui conosce le nuove correnti del momento, particolarmente il Fauvismo e il Cubismo. Si inserisce negli ambienti artistici d'avanguardia. Frequenta tra gli altri Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay. Nel 1912 espone sia al Salon des Indépendants, che al Salon d'Automne. Delaunay lo fa conoscere al mercante berlinese Herwarth Walden, che nel 1914 gli allestisce una personale presso la sua galleria Der Sturm.Il sopraggiungere della guerra nel 1914 fa rientrare Marc Chagall a Vitebsk. Qui fonda l'Istituto d'Arte, di cui è direttore fino al 1920, quando gli subentra Malevich. Si trasferisce a Mosca. Inizia a realizzare le decorazioni per il teatro ebraico statale "Kamerny".Nel 1923 ritorna a Berlino e successivamente a Parigi. Qui ristabilisce i contatti e conosce Ambroise Vollard, che gli commissiona l'illustrazione di vari libri. Nel 1924 ha luogo una importante retrospettiva di Chagall presso la Galerie Barbazanges-Hodeberg. In seguito, effettua viaggi in Europa e anche in Palestina.Nel 1933 presso il Kunstmuseum Basel ha luogo una grande retrospettiva. Ma quasi contemporaneamente avviene l'ascesa del nazismo al potere in Germania. Tutte le opere di Chagall vengono confiscate ai musei tedeschi. Alcune figurano nell'asta tenuta alla Galerie Fischer di Lucerna nel 1939. A Chagall non rimane che rifugiarsi in America.Nel 1947 fa ritorno a Parigi, e nel 1949 si stabilisce a Vence. Importanti mostre gli vengono dedicate dappertutto. Inizia la lunga serie di decorazioni di grandi strutture pubbliche. Nel 1962 disegna le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center, presso Gerusalemme, e per la cattedrale di Metz. Nel 1964 realizza le pitture del soffitto dell'Opéra di Parigi. L'anno dopo è la volta delle grandi pitture murali sulla facciata della Metropolitan Opera House di New York. Nel 1970 disegna le vetrate del coro e del rosone del Fraumünster di Zurigo. Di poco successivo è il grande mosaico a Chicago.Muore a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.
ALPHAGALLERY 2°appuntamento (28 giugno 2013)
Bonjour, Monsieur Gauguin!
Come già in voga nelle sale grandi e piccole di cinema e club europei da Parigi a Londra , da Barcellona a Lisbona, Alphaville Cineclub si ‘traveste’, eccezionalmente di venerdì e chissà per quanti altri( lunedì o venerdì poco importa!) in futuro, in spazio espositivo con guida e commenti audiovisivi per presentarvi il secondo appuntamento di ALPHAGALLERY, previsto per il 28 giugno 2013 alle ore 21.00 nella sua sede storica in Via del Pigneto 283, con la mostra digitale “Bonjour, Monsieur Gauguin”, scelta sentimentale e ragionata di temi ed immagini tratte dall’opera di Paul Gauguin a cura di Liliana Cantatore e Paola Ferrantelli. Nella cavalcata audiovisiva tra le opere del grande Maestro particolare cura verrà riservata dalle nostre ‘traghettatrici artistiche’ alle figure femminili, capisaldi del più autentico percorso sulla spiritualità che Guaguin ha saputo dedicare a tutta l’umanità attraverso simboli e colori del nuovo espressionismo tra ‘800 e ‘900. Verranno dunque proiettate sullo schermo le tele selezionate dalle curatrici che, presenti in sala , le commenteranno ad una ad una con l’ausilio di piccole sequenze filmate e letture di brani tratti da saggi , studi di settore,opere letterarie di riferimento.
Paul Gauguin (1848-1903) è stato uno dei protagonisti della fase artistica che definiamo post-impressionismo. Egli incarna un altro archetipo di artista: l’artista che vuole evadere dalla società e dai suoi problemi per ritrovare un mondo più puro ed incontaminato. Egli, al pari di tutti gli altri artisti e poeti francesi di fine secolo, vive sullo stesso piano la sua vita privata e la sua attività artistica. E le vive con quello spirito di continua insoddisfazione e di continua ricerca di qualcosa d’altro che lo portò a girovagare per mezzo mondo, attratto soprattutto dalle isole del Pacifico del Sud.Egli, benché nato a Parigi, trascorse la sua prima infanzia a Lima, in Perù. Tornato in Francia, a diciassette anni, si arruolò come cadetto in Marina, restando in mare per cinque anni. Nel 1871 ritornò a Parigi e si impiegò presso un agente di cambio. Iniziò così il periodo più sereno e borghese della sua vita. Si sposò con una ragazza danese, ebbe cinque figli, condusse una vita contraddistinta da un discreto benessere economico. Intanto iniziava a collezionare quadri e a dipingere. Espose sue opere nelle mostre che gli impressionisti tennero dal 1879 al 1886. Ma la situazione della ditta presso la quale lavorava si fece critica e nel 1883 fu licenziato. Venuta meno l’agiatezza economica si aggravarono anche i suoi problemi familiari. La moglie ritornò presso la sua famiglia d’origine in Danimarca. Gauguin la seguì cercando di lavorare in Danimarca ma, seguendo la sua vocazione artistica, abbandonò il lavoro per dedicarsi solo alla pittura. Ritornò in Francia e i rapporti con la moglie divennero solo epistolari. Si trasferì in Bretagna, a Pont-Aven, nel 1885, dove divenne capofila di una nuova corrente artistica chiamata «scuola di Pont-Aven» e che egli definì «sintetista». Nel 1887 andò a Panama e in Martinica. L’anno dopo era di nuovo a Pont-Aven. Nel 1888 trascorse un periodo anche ad Arles dove dipinse insieme a Vincent Van Gogh. Ruppe con il pittore olandese per ritornare a Pont-Aven. Nel 1891 andò per la prima volta a Tahiti, trattenendosi tre anni. Fece ritorno a Pont-Aven, ma per poco. Nel 1895 si trasferì nuovamente nei mari del Sud e non fece più ritorno in Francia. Morì nel 1903 nelle Isole Marchesi.
La pittura di Gauguin è una sintesi delle principali correnti che attraversano il variegato e complesso panorama della pittura francese di fine secolo. Egli partì dalle stesse posizioni impressioniste, comuni a tutti i protagonisti delle nuove ricerche pittoriche di quegli anni. Superò l’impressionismo per ricercare una pittura più intensa sul piano espressivo. Fornì, dunque, soprattutto per i suoi colori forti ed intensi, stesi a campiture piatte, notevoli suggestioni agli espressionisti francesi del gruppo dei «Fauves». Ma, soprattutto per l’intensa spiritualità delle sue immagini, diede un importante contributo a quella pittura «simbolista», che si sviluppò in Francia ed oltre, in polemica con il naturalismo letterario di Zola e Flaubert e con il realismo pittorico di Courbet, Manet e degli impressionisti. Il suo contributo al «simbolismo» avvenne attraverso la formazione del gruppo detto «scuola di Pont-Aven». Fonte di ispirazione per questa pittura erano le vetrate gotiche e gli smalti cloisonne medievali. Prendendo spunto da essi i pittori di Pont-Aven stendevano colori puri e uniformi, contornati da un netto segno nero. Ne derivò una pittura dai toni intimistici che rifiutava la copia dal vero e l’imitazione della visione naturalistica.
ALPHAGALLERY 3°appuntamento (12 novembre 2013)
Edouard Manet e le sfide di Venere!
Il terzo appuntamento di ALPHAGALLERY è fissato per martedì 12 novembre 2013 alle ore 21.00 nella sede storica di Alphaville che ancora una volta si 'traveste' da spazio espositivo per dar vita alla mostra digitale “Edouard Manet e… le sfide di Venere!", scelta sentimentale e ragionata di temi ed immagini tratte dall’opera dell’artista francese a cura di Paola Ferrantelli con la collaborazione di Liliana Cantatore. Nella cavalcata audiovisiva tra le opere del grande Maestro particolare cura verrà riservata dalla nostra ‘traghettatrice artistica’ alle figure femminili, capisaldi del più autentico percorso di conoscenza romantica che Manet ha saputo dedicare a tutta l’umanità attraverso simboli e colori del nuovo impressionismo tra ‘800 e ‘900.
Verranno dunque proiettate sullo schermo le tele selezionate dalle curatrici che, presenti in sala, le commenteranno ad una ad una con l’ausilio di piccole sequenze filmate e letture di brani tratti da saggi, studi di settore, opere letterarie di riferimento.
Ad Edouard Manet, autentico rappresentante della borghesia colta ed elegante della Parigi dei primi anni dell’Ottocento, spetta il merito di aver assimilato la grande lezione della pittura romantica di Delacroix, aprendo la strada alla nuova corrente degli Impressionisti.
Edouard nasce a Parigi nel 1832 da una famiglia ricca ed influente, che dopo qualche resistenza iniziale, approverà la sua scelta di dedicarsi alla pittura. La volontà di non seguire le lezioni dell’Accademia porterà Manet a sviluppare un proprio personalissimo stile. Le opere giovanili che lo imposero all’opinione pubblica, Le déjeuner sur l'herbe e Olympia, sono ancora oggi simbolo di un punto di svolta importante nella Storia dell’arte. Lo sguardo enigmatico di Olympia, che gli appassionati del Maestro hanno avuto recentemente occasione di ammirare nella bella mostra “Ritorno a Venezia”, possiede ancor oggi inalterata la potenza accusatoria che tanto scandalizzò i parigini dell’epoca.
Nella grande produzione di Manet è possibile però anche rintracciare fascino e seduzioni diverse, tra tutte quelle legate ai ritratti di due donne importanti nella vita del pittore: la moglie Suzanne Manet e la pittrice e amica Berthe Morisot.
Un itinerario interiore tra vita e arte del pittore che, morto nel 1882 senza aver forse ottenuto i riconoscimenti sperati, fu univocamente riconosciuto caposcuola da tanti letterati e pittori dell’epoca .
ALPHAGALLERY 4°appuntamento (4 febbraio 2014)
Edward Hopper e…il brivido del noto!
Nella sola serata di martedì 4 febbraio alle ore 21.00, Alphaville ancora una volta si trasforma in Galleria digitale!
Continua dunque la proposta squisitamente artistica di Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, prosegue con le affascinanti incursioni nel mondo delle pittura dei grandi maestri anche contemporanei attraverso monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti, storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative tra gli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore ,capaci di arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il quarto di una serie di appuntamenti con la pittura di tutti i tempi, pittura spesso presentata in città e gallerie lontane o non in programma nel breve periodo e qui invece a portata di mano, nella Roma suggestiva del Pigneto!!! Alphagallery propone una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo … e tutto questo seduti comodamente in saletta!
Vi aspettiamo dunque martedì 4 febbraio 2014 alle 21.00, imperdibile occasione destinata a tutti gli amanti dell’arte per conoscere più da vicino la vita e le opere di Edward Hopper, Maestro non solo iperrealista che amò, riamato, il cinema ed il suo linguaggio di luce piena di colore, ma anche di lunghe ombre!
Nato il 22 luglio del 1882 a Nyack, piccola cittadina sul fiume Hudson, da una colta famiglia borghese americana, Edward Hopper entra nel 1900 alla New York School of Art, un prestigioso istituto che ha dato i natali nel tempo ad alcuni dei nomi più importanti della scena artistica americana. Al di là del clima stimolante e delle opportunità di conoscenza e di dibattito che Hopper ha occasione di intraprendere con i coetanei in quella scuola, la vera influenza sulla sua personalità artistica viene esercitata dagli insegnanti, che lo spingono a copiare le opere esposte nei musei e ad approfondirne gli autori. Fondamentale rimane il senso del gusto che le "autorità" culturali della scuola gli ‘impongono’, ossia il gusto per una pittura ordinata, dal tratto nitido e lineare. Questa impostazione, che ad un primo esame potrebbe apparire accademica, in realtà è coniugata (nell'intento degli insegnanti e poi fatta propria da Hopper), ad un rapporto critico con le regole che spinge ed invoglia il giovane artista a trovare una propria dimensione personale in base al filtro della propria sensibilità.
Dopo il conseguimento del diploma ed il primo impiego da illustratore pubblicitario Edward Hopper, nel 1906, compirà il suo primo viaggio in Europa visitando Parigi, dove sperimenterà un linguaggio formale vicino a quello degli impressionisti, proseguendo poi nel 1907 per Londra, Berlino e Bruxelles. In questo periodo la maturazione artistica di Hopper avviene con estrema gradualità. Dopo aver assimilato la lezione dei più grandi maestri, fra tentativi ed esperimenti arriva a maturare un suo linguaggio originale che trova la sua piena fioritura ed espressione solo nel 1909, quando deciderà di tornare a Parigi per sei mesi, dipingendo a Saint-Germain e a Fontainebleau. Fin dagli esordi della sua carriera artistica, Hopper è interessato alla composizione figurativa urbana ed architettonica in cui inserire un unico personaggio, solo e distaccato psicologicamente, come se vivesse in una dimensione isolata. Inoltre il suo genio artistico gli ha permesso di costruire una tavolozza coloristica del tutto originale e riconoscibile, un uso della luce così originale come non succedeva dai tempi di Caravaggio. Lo studio degli impressionisti poi, e in particolare di Degas, (osservato e meditato durante il suo viaggio a Parigi nel 1910), gli infonde il gusto per la descrizione degli interni ed un uso dell'inquadratura di tipo fotografico. L'estrema originalità di Hopper è facilmente verificabile se si pensa che il clima culturale europeo dell'epoca vedeva agitarsi sulla scena diverse tendenze certamente avanzate e rivoluzionare ma anche, spesso, mancanti di un certo intellettualismo o di un forzato avanguardismo. Il ventaglio delle opzioni che un artista poteva abbracciare ai primi del novecento andavano dal cubismo al futurismo, dal fauvismo all'astrattismo. Hopper invece, predilige rivolgere il proprio sguardo al passato appena trascorso, recuperando la lezione di importanti maestri quali Manet o Pissarro, Sisley o Courbet, riletti però in chiave metropolitana e facendo emergere, nelle sue tematiche, le contraddizioni della vita urbana. Al di là delle numerose e possibili interpretazioni della sua pittura, Hopper sarebbe rimasto fedele alla propria visione interiore fino alla sua morte, avvenuta il 15 maggio del 1967 nello studio newyorchese.
HOPPER E IL CINEMA
Nel 1962 – gli anni cinquanta appena conclusi – Edward Hopper disse che “se qualcuno volesse sapere che cos’è l’America, vada a veder un film che si intitola L’occhio selvaggio.” Vidi quel film a suo tempo in qualche festival e ne ho un ricordo confuso, ma certamente non mi sarebbe mai venuto in mente di collegarlo a Hopper. Affollato, semi-documentario, metteva in campo una giovane signora divorziata che cercava di riappropriarsi della propria esistenza vagando per Los Angeles tra ambienti e persone disparati, “dal vero”, accompagnata dalla voce di un “poeta” che fungeva in definitiva da suo angelo custode. I registi di quel film il cui titolo sarebbe stato usato e citato in mille occasioni, erano ben tre: Ben Maddow, sceneggiatore di sinistra, Sidney Meyers, documentarista (suo L’escluso, su un ragazzino asociale di Harem, che anch’esso aveva mescolato anni prima documentario e fiction), e Joseph Strick, che aveva esperienze teatrali e che poco tempo dopo avrebbe portato allo schermo coraggiosamente e malamente Il balcone di Genet. Negli anni del dopoguerra una scuola documentaria o para-documentaria cercava la sua strada nel sistema dei media, presto soffocata da Hollywood e dalla televisione, con nomi importanti quali Haskell Wexler, Lionel Rogosin, Irving Lerner, Stanley Kubrick, John Cassavetes, Shirley Clarke, con fitti legami con la fotografia, con la televisione allora più innovativa, con il giornalismo, con il teatro off-Broadway. Un magma molto vitale, che la guerra fredda e la caccia alle streghe avevano cercato di soffocare e che, nei primi anni di Kennedy, pareva dover contare molto, nel rinnovamento delle arti e della società. Tutto bene, insomma, e L’occhio selvaggio era certamente un bel film, che diceva molto sull’America che mostrava. Ma cosa c’entrava L’occhio selvaggio, già dal titolo, con l’opera di Hopper, così contenuta, controllata, apparentemente distante, fredda, attenta alle solitudini e non alle folle di una società in movimento, alle sue agitazioni scomposte e spesso frenetiche? Certamente l’America – o meglio: gli Usa – tra anni cinquanta e sessanta era proprio quello, una ricerca non molto ordinata di nuove strade, dove sete di consumo e ansie di liberazione individuali e di vasti gruppi sociali ed etnici si mescolavano in modi confusi, ma dove movimento e speranza sembravano andare di pari passo. E Hopper era evidentemente abbastanza lucido, ormai uomo d’età e d’esperienza (morirà nel 1967), da saper vedere il nuovo e incuriosirsene. Nell’ultimo grande dipinto, Two comedians, del 1965, rappresenterà se stesso e Jo, la compagna di una vita, la sua prima modella e la “protagonista” di tanti suoi quadri, intenti a salutare un pubblico – “il” pubblico: la vita, i vivi del suo oggi e del domani - dall’alto di un palcoscenico, come due pierrot serenamente malinconici. Essi guardano verso di noi, sembrano sapere molto bene a chi si rivolgono. Ma, prima, cosa guardano, con attenzione ostinata e paziente, fuori della scena, oltre le finestre di uffici e alberghi e appartamenti, oltre le verande di vecchie case isolate di salda geometria, tanti personaggi di tanti altri dipinti hopperiani, se non la scena della natura, la scena della società, la scena della vita? Nell’opera di Hopper c’è un doppio movimento dell’occhio non-selvaggio, anzi educatissimo: quello che va da fuori il quadro a dentro, e il suo contrario. C’è l’occhio che guarda dall’esterno dentro le stanze i bar gli uffici, come da cinematografiche gru o da carrelli immobilizzati al punto giusto, il punto geometrico che solo l’intuito del regista sa fissare (si vede il regista, dicevano i grandi registi hollywoodiani, da dove piazza la macchina da presa), ed è qui che l’occhio della macchina diventa quello dello spettatore. E’ quest’occhio a dare il massimo valore al rapporto tra i personaggi e l’ambiente. Il regista Hopper interviene a collocare i personaggi e a decidere il posto della macchina e il suo movimento, ma Hopper è anche il fotografo che ha messo le luci e ne ha deciso l’intensità, è lo scenografo che ha disposto gli oggetti, che ha ordinato i volumi. Il ciak è un’immagine fissa, in cui i personaggi – sempre pochi, quasi sempre silenziosi – da dentro guardano verso il fuori, verso la natura e verso la civiltà e la “cultura”…L’occhio educato e controllato e per loro invisibile li guarda da una rispettosa distanza, molto spesso da fuori (oltre le vetrate e le finestre che li separano dal mondo), e spesso, molto spesso, sono loro a guardar fuori, ma mai “in macchina” come nella ritrattistica classica, nelle foto “in posa”. Cosa stanno aspettando, pazienti e in verità poco ansiosi? Forse, anche loro, un Godot ? Certamente non un’apocalisse, un evento sorprendente, una novità dirompente, forse, più semplicemente, aspettano pazientemente qualcosa, magari una cosa da nulla, ma chissà, che coroni la loro vita da nulla, e tuttavia una vita. Che dia un senso a una vita.
Goffredo Fofi, 1962
ALPHAGALLERY 5°appuntamento (14 aprile 2014)
Lunedì 14 aprile ‘14 h 21.00
Alphagallery
5° Mostra artistica digitale
di e con Patrizia Salvatori
presenta
! POP ART !
Warhol, Lichtenstein, Rosenquist, Oldenburg, Hamilton, i postgraffiti metropolitani di Hearing e Basquiat, l’italian POP di Cesare Tacchi (che ricordiamo commossi…) e Renato Mambor, il cinema pop italiano di Petri e Bava, il CAR CRASH di Cronenberg , l’OP art… Tutti insieme per il nuovo, sorprendente, stracool appuntamento con l’arte ad Alphaville Cineclub!
Nella sola serata di lunedì 14 aprile alle ore 21.00, all’interno della sua sede storica di Via del Pigneto 283, Alphaville ancora una volta si trasforma, primo Cineclub a Roma, in Galleria digitale grazie alla guida di studiosi ed amanti dell’arte che accompagneranno i visitatori in un viaggio coinvolgente da ‘seduti’ tra le tele, i disegni, i documentari, le sequenze, i filmati di alcuni tra i più amati e conosciuti movimenti cult del mondo!
Continua dunque la proposta squisitamente artistica di Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, propone affascinanti incursioni nel mondo delle pittura e dell’arte tout court dei grandi maestri anche contemporanei attraverso monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti , storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative tra gli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore ,capaci di arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro!
Il quinto appuntamento di Alphagallery con il movimento artistico più stravolgente del contemporaneo , la POP ART, vi permetterà di ‘entrare’ nelle opere dei demiurghi della corrente artistica anni ’60 pochi giorni prima della grande retrospettiva dedicata al fondatore Andy Warhol in mostra a Roma dal 18 aprile…un piacevole ed indispensabile ‘ripasso’ a portata di mano, nella Roma suggestiva del Pigneto!!! Alphagallery propone una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo…e tutto questo seduti comodamente in saletta!
Vi aspettiamo dunque lunedì 14 aprile 2014 alle 21.00, imperdibile occasione destinata a tutti gli amanti dell’arte per conoscere più da vicino la grande onda della POP ART , unico movimento artistico che ha trasformato il consumo ed i consumatori in protagonisti assoluti del cambiamento contemporaneo!!!
La POP ART IN ITALIA
Nel 1964 la Biennale delle Arti Visive di Venezia determina, con la scelta di esporre le opere di artisti della scuola newyorkese della Pop Art, il futuro dell'arte contemporanea. Fu una biennale epocale che consacrò definitivamente l’egemonia indiscussa dell’arte americana e costituì il modello tuttora operante nel mercato dell’arte. A Robert Rauschenberg fu assegnato il Premio Internazionale della Biennale, ma si racconta che la giuria, dopo aver accettato di dare il premio della Biennale proprio a lui, a verbale già steso e premio deliberato, si accorse che dentro il recinto della Biennale non era esposta neanche un’opera di Rauschenberg… in tutta fretta ed in gran segreto la recuperarono per metterla in mostra nel padiglione americano!!!!!!!!!!!!
Il termine pop art viene usato per la prima volta negli anni Cinquanta dal critico inglese Lawrence Alloway per descrivere un’arte in grado di riflettere attraverso le immagini le dinamiche della vita moderna. Se nel dopoguerra il movimento informale e l’espressionismo astratto erano caratterizzati da una comune tendenza introspettiva, gli artisti pop orientano la propria ricerca verso l’impersonalità ed il distacco emozionale: questi effetti sono amplificati dall’uso delle immagini pubblicitarie, dei fumetti e della fotografia. L’informale ha sicuramente ben rappresentato un certo clima culturale esistenzialistico tipico degli anni Cinquanta. La sua carica pessimistica di fondo fu tuttavia compresa solo da una ristretta cultura d’élite. E ben presto ha mostrato la sua inattualità nei confronti di una società in rapida trasformazione, che si caratterizzava sempre più come società di massa dominata dai tratti positivi ed ottimistici del consumismo. Ed è proprio dall’incontro tra arte e cultura dei mass-media che nacque la pop art. La sua nascita avviene negli Stati Uniti intorno alla metà degli anni ’50 con le prime ricerche di Robert Raushenberg e Jasper Johns. Ma la sua esplosione avviene soprattutto nel decennio degli anni ’60, conoscendo una prima diffusione e consacrazione con la Biennale di Venezia del 1964.I maggiori rappresentanti di questa tendenza sono tutti artisti americani: Andy Warhol, Claes Oldenburg, James Rosenquist, Roy Lichtenstein ed altri. Ed in ciò si definisce anche una componente fondamentale di questo stile: essa appare decisamente il frutto della società e della cultura americana. Cultura largamente dominata dall’immagine, ma immagine che proveniva dal cinema, dalla televisione, dalla pubblicità, dai rotocalchi, dal paesaggio urbano largamente dominato dai grandi cartelloni pubblicitari. La pop art ricicla tutto ciò in una pittura che rifà in maniera fredda ed impersonale le immagini proposte dai mass-media. Si va dalle bandiere americane di Jasper Johns alle bottiglie di Coca Cola di Warhol, dai fumetti di Lichtenstein alle locandine cinematografiche di Rosenquist. E’ dunque un’arte che documenta in maniera precisa la cultura popolare americana (da qui quindi il suo nome, dove pop sta per diminutivo di popolare), trasformando in icone le immagini più note o simboliche tra quelle proposte dai mass-media. L’apparente indifferenza per le qualità formali dei soggetti proposti, così come il procedimento di pescare tra oggetti che apparivano triviali e non estetici, ha indotto molti critici a considerare la pop art come una specie di nuovo dadaismo. Se ciò può apparire in parte plausibile, diverso è il fine a cui giunge la pop art. In essa infatti è assente qualsiasi intento dissacratorio, ironico o di denuncia. Il più grosso pregio della pop art rimane invece quello di documentare, senza paura di sporcarsi le mani con la cultura popolare, i cambiamenti di valori indotti nella società dal consumismo. Quei cambiamenti che consistono in una preferenza per valori legati al consumo di beni materiali e alla proiezione degli ideali comuni sui valori dell’immagine, intesa in questo caso soprattutto come apparenza. E in ciò testimoniano dei nuovi idoli o miti in cui le masse popolari tendono ad identificarsi. Miti ovviamente creati dalla pubblicità e dai mass-media che proiettano sulle masse sempre più bisogni indotti e non primari, per trasformarli in consumatori sempre più avidi di beni materiali. In sostanza un quadro di Warhol che ripete l’ossessiva immagine di una bottiglia di Coca Cola ci testimonia come quell’oggetto sia oramai divenuto un referente più importante, rispetto ad altri valori interiori o spirituali, per giungere a quella condizione esistenziale che i mass media propagandano come vincente nella società contemporanea.
ANDY WARHOL, maestro POP:
LE SUE VENTI CITAZIONI PIÙ BELLE
Celebrities BY Rosa Carnevale
Andy Warhol e le sue frasi più celebri, tra genio e ironia. Perché Warhol o lo si odia o lo si ama. Con le sue contraddizioni e la sua «filosofia» fredda e piena di cinismo, intrappolato dietro l'etichetta di artista commerciale ma amato dal grande pubblico e osannato come abilissimo comunicatore
Come ha scritto Baudrillard, «È estremamente difficile parlare di A.W. perché in fondo non c’è niente da dire».
Ecco perché per raccontarlo, e farvelo conoscere meglio, abbiamo raccolto venti delle sue frasi più celebri.
SULL'AMORE
1. «Il sesso è comunque più eccitante sullo schermo o fra le pagine, che tra le lenzuola».
2. «Un amore immaginario è molto meglio di un amore reale. Non farlo mai è molto eccitante. Le attrazioni più eccitanti sono quelle tra due opposti che non s'incontrano mai».
3. «Il prezzo più alto che paghi per l'amore è che hai sempre qualcuno tra i piedi, non puoi startene da solo, che è sempre meglio. Lo svantaggio più grosso è naturalmente la mancanza di spazio nel letto. Anche un gatto ti ingombra in camera da letto».
4. «Penso molto a quelle persone che si pensa non abbiano problemi, che si sono sposate e vivono e muoiono ed è stato tutto meraviglioso. Io non ne conosco nessuna. Hanno sempre qualche problema, non fosse altro che per lo sciacquone che non funziona».
SULL'ARTE
5. «Non pensare di fare arte, falla e basta. Lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva, se gli piace o gli faccia schifo. Intanto mentre gli altri sono lì a decidere tu fai ancora più arte».
6. «Non ti preoccupare, non c'è niente che riguarda l'arte che uno non possa capire».
7. «Andrei all'inaugurazione di qualsiasi cosa, anche di una toilette».
8. «I miei quadri non vengono fuori mai come me li aspettavo ma di questo non sono mai sorpreso».
SULLA BELLEZZA
9. «Quando mi sono fatto l'autoritratto, ho evitato di riprodurre tutti i brufoli perchè è così che si dovrebbe fare sempre. I brufoli sono una condizione temporanea e non hanno niente a che fare con il tuo vero aspetto. Ometti sempre i difetti: non fanno parte della bella immagine che vuoi ottenere».
10. «Anche le bellezze possono essere non attraenti. Se cogli una bellezza al momento giusto, con la luce sbagliata, è meglio che lasci perdere. Io ho fiducia nelle luci basse e negli specchi compiacenti. Io credo nella chirurgia plastica».
11. «Se la gente vuole passare tutta la vita a incremarsi, strapparsi i peli con le pinzette, spazzolarsi, punzecchiarsi, appiccicarsi, va tutto bene, anche perchè almeno ha sempre qualcosa da fare».
SUL SUCCESSO
12. «Nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti».
13. «Alcuni critici hanno detto che sono il Nulla in Persona e questo non ha aiutato per niente il mio senso dell'esistenza. Poi mi sono reso conto che la stessa esistenza non è nulla e mi sono sentito meglio ».
14. «Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso. Ne faccio tesoro e mi chiedo: che cosa avrò sbagliato? ».
SUL DENARO
15. «Mi piace il denaro appeso al muro. Metti di comprare un quadro da 200.000 dollari. Credo che dovresti prendere quei soldi, metterli assieme e appenderli al muro. Così, se qualcuno viene a trovarti, la prima cosa che vede sono i soldi al muro».
16. «Il denaro è il denaro: non importa se ho lavorato tanto o poco per averlo. Si spende allo stesso modo».
17. «Odio i penny. Vorrei che smettessero completamente di farli. Non li metterei mai da parte. Non ne ho il tempo. Mi piace dire nei negozi: non importa, li tenga pure. Appesantiscono il mio portafoglio francese».
18. «Una Coca Cola è sempre una Coca Cola e non c'è quantità di denaro che possa farti comprare una Coca Cola più buona di quella che l'ultimo dei poveracci si sta bevendo sul marciapiede sotto casa tua. Tutte le Coca Cola sono sempre uguali e tutte le Coca Cola sono buone. Lo sa Liz Taylor, lo sa il Presidente degli Stati Uniti, lo sa il barbone e lo sai anche tu».
LE ULTIME PAROLE FAMOSE...
19. «Intervistatore: Quali vorrebbe che fossero le sue ultime parole famose? Andy Warhol: Goodbye».
20. «Se raccogliessero tutte le frasi che ho detto capirebbero che sono un idiota e la smetterebbero di farmi domande».
In questo momento Andy Warhol è protagonista con la Grande mostra romana a Palazzo Reale, il re della Pop Art non smette mai di stupirci. Mascherandosi sotto una superficialità disarmante, Warhol ha in realtà predetto con la sua arte la società assatanata e cannibale della comunicazione e del consumismo nella quale oggi viviamo.
ALPHAGALLERY 6°appuntamento (26 maggio 2014)
ALPHAGALLERY
Sesta Mostra artistica digitale
Di e con Rosario Tronnolone
presenta
Hitchcock, quadri ed inquadrature!
Lunedì 26 maggio 2014 h 21.00
HitchcockNews!
Nuovo appuntamento con cinema e pittura ad Alphaville Cineclub!
Nella sola serata di lunedì 26 maggio alle ore 21.00, all’interno della sua sede storica di Via del Pigneto 283, Alphaville ancora una volta si trasforma, primo Cineclub a Roma, in Galleria digitale con la guida di esperti ed amanti dell’arte che accompagneranno i visitatori in un viaggio coinvolgente da ‘seduti’ tra le tele ed i disegni di alcuni tra i più amati pittori del mondo!
Continua dunque la proposta squisitamente artistica di Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, prosegue con le affascinanti incursioni nel mondo delle pittura e delle arti visive dei grandi maestri anche contemporanei attraverso monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti, storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative tra gli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore ,capaci di arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il sesto di una serie di appuntamenti con la pittura di tutti i tempi, questa volta dedicato alle scelte artistiche del grande regista Alfred Hitchcock relativamente ai suoi film ed ai suoi scenari. Alphagallery propone una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo … e tutto questo seduti comodamente in saletta!
Vi aspettiamo dunque lunedì 26 maggio 2014 alle 21.00, imperdibile occasione destinata a tutti gli amanti dell’arte per conoscere più da vicino la vita, i gusti pittorici di Alfred Hitchcock, Maestro del brivido e non solo che amò intesamente la pittura ed il suo linguaggio immobile, adattissimo tuttavia alle inquadrature più cult del suo Cinema e dei suoi personaggi!
Alfred Hitchcok present…
F.T. Lei è d’accordo che c’è davvero un lato onirico nei suoi film?
A.H. Sono sogni a occhi aperti.
F.T. Filmando l’uomo solo, circondato da cose ostili, anche senza volerlo, si va a finire automaticamente nel campo del sogno, che è anche quello della solitudine e del pericolo.
A.H. Così sono probabilmente io dentro me stesso.
(A. Hitchcock a F. Truffaut)
Così sono io, dentro me stesso.
Quest’ammissione di Alfred Hitchcock è tra le più private e confidenziali della famosa conversazione con François Truffaut confluita poi nel volume “Il cinema secondo Hitchcock”. I suoi film sono sogni ad occhi aperti di un uomo angosciato e solo. Pensando alle rappresentazioni oniriche che Hitchcock ha inserito nei suoi film, due vengono subito alla mente: il sogno di “Io ti salverò” e quello di “La donna che visse due volte”. In entrambi i casi Hitchcock ha dato alla rappresentazione del mondo onirico contorni nitidi e precisi, quelli dei disegni di Dalì nel primo film e del disegno animato nel secondo. Non dunque una rappresentazione flou, dai contorni vaghi e imprecisi, ma una realtà che si impone con linee nette, quasi che la vera chiarezza sia nei sogni e che la realtà quotidiana sia invece il luogo dell’inganno e della confusione, del fraintendimento e della menzogna. In realtà il cinema di Hitchcock è popolato di sogni: “Rebecca” comincia con un sogno (“Sognai l’altra notte che tornavo a Manderley”) che è un percorso, il percorso nella memoria della protagonista che si snoda lungo i viali del parco che conducono alla dimora vittoriana; in “Marnie” la protagonista rivive dormendo l’angoscia dei suoi sonni di bambina. E ancora, il processo alla protagonista di “Il delitto perfetto” è raccontato come un incubo; il processo in cui testimonia la dottoressa Petersen in “Io ti salverò” è ancora un incubo surreale, con le immagini delle grate che di sovrappongono al suo viso. Ma anche le scene d’amore sono filmate da Hitchcock con un improvviso perdersi dei contatti terreni, con una specie di corto circuito che allontana il protagonista o la protagonista dalla realtà e lo spinge in una dimensione differente: guardiamo per esempio ancora il bacio di “Io ti salverò”, con l’apertura infinita delle porte in sovrimpressione, o il bacio di “La donna che visse due volte”, con la stanza che comincia a girare intorno ai due protagonisti. L’elemento della porta ritorna frequente in Hitchcock a significare l’ingresso in un’altra dimensione, a inquadrare l’oggetto del desiderio che si materializza, che diventa tangibile, reale: guardiamo a proposito “Io ti salverò”, “Notorious”, “La finestra sul cortile”, “La donna che visse due volte”, “Marnie”. Altrettanto frequente è il movimento circolare, avvolgente, che troviamo in “Notorious”, “La donna che visse due volte”, “Intrigo internazionale”. Spesso il protagonista dei film di Hitchcock è in uno stato di incoscienza, o è perso nei propri pensieri, e la narrazione si sviluppa proprio da quel momento, come a dire che ciò che vediamo è generato dal suo stesso inconscio, dai più reconditi desideri e dalle ansie più nascoste. Pensiamo a “La signora scompare”, con Margaret Lockwood che scivola nell’incoscienza, a “Il sospetto”, con Joan Fontaine persa nei suoi pensieri che fantastica su una foto di Cary Grant che si materializza nel quadro della finestra, al finale di “Notorious”, all’inizio di “La finestra sul cortile”, con James Stewart febbricitante e addormentato. “L’interpretazione dei sogni” di Freud aveva profondamente influenzato André Breton, autore del Manifesto Surrealista, nel quale il poeta francese attribuiva all’inconscio, affrancato da ogni condizionamento della ragione e della morale, il ruolo di guida per l’artista che volesse esprimersi liberamente. Non è un caso che il Surrealismo sia nato come un movimento letterario, prima che pittorico. Forse proprio nella sua radice narrativa sta l’influenza che il Surrealismo ebbe sul cinema di Alfred Hitchcock, squisito narratore per immagini. Tutta la sua filmografia è percorsa da un sottile fil rouge che riconduce le inquadrature dei suoi film a suggestioni pittoriche, non per una mera imitazione, ma per un comune sentire e percepire la realtà come segno di qualcos’altro. Nel Surrealismo gli oggetti perdono la loro funzione quotidiana e assumono significati simbolici: ed ecco che Hitchcock ingigantisce la tazzina di caffè avvelenato e scende in picchiata sulla chiave in “Notorious”, insiste sulla cassapanca di “Nodo alla gola”, illumina il bicchiere di latte del “Sospetto”, esalta l’iniziale R di “Rebecca” su tovaglioli e carta da lettere, reifica l’invisibile e carica l’oggetto di valore emozionale. È una borsa a definire Marnie la ladra all’inizio del film, gli uccelli impagliati sembrano prefigurare il destino dell’incauta Crane (gru) che si è fermata al Motel Bates, l’offerta della collana di diamanti al ladro di gioielli è metafora di seduzione, la vertiginosa diminuzione delle bottiglie di champagne fa precipitare gli eventi, nelle lenti degli occhiali vediamo compiersi il delitto, le lettere dello Scarabeo compongono la verità, una giacca dietro i vetri restituisce il fantasma della bellezza perduta. Vi proponiamo dunque un percorso di rimandi chiarissimi e di suggestioni sorprendenti per comprendere meglio il cinema di Alfred Hitchcock, un artista capace certamente di divertire e distrarre il fruitore più superficiale, ma anche di reggere analisi più approfondite ed accurate.
Rosario Tronnolone
Grazie per la collaborazione!
ALPHAGALLERY 7°appuntamento (23 giugno 2014)
ALPHAGALLERY 8°appuntamento (28 ottobre 2014)
Martedì 28 ottobre 2014 h 21.00
Alpha gallery
Ottava Mostra artistica digitale
di e con Liliana Cantatore e Paola Ferrantelli
presenta
Caravaggio, l’artiglio e la luce!
Nuovo appuntamento con cinema e pittura ad Alphaville Cineclub!
Nella sola serata di martedì 28 ottobre’14 alle ore 21.00, all’interno della sua sede storica di Via del Pigneto 283, Alphaville ancora una volta, dopo la lunga pausa estiva, si trasforma, primo Cineclub a Roma, in Galleria digitale con la guida di esperti ed amanti dell’arte che accompagneranno i visitatori in un viaggio coinvolgente da ‘seduti’ tra le tele ed i disegni di alcuni tra i più amati pittori del mondo!
Continua dunque la proposta squisitamente artistica di Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, prosegue con le affascinanti incursioni nel mondo delle pittura e delle arti visive dei grandi maestri anche contemporanei attraverso monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti , storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative tra gli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore ,capaci di arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il settimo di una serie di appuntamenti con la pittura di tutti i tempi, questa volta dedicato al grande Caravaggio!
Alphagallery propone una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo … e tutto questo seduti comodamente in saletta!
Vi aspettiamo dunque martedì 28 ottobre 2014 alle 21.00, imperdibile occasione destinata a tutti gli amanti dell’arte per conoscere più da vicino la vita, le opere, il geniale e doloroso talento del grande Caravaggio, artiglio e luce per se stesso e per la sua inconfondibile arte pittorica!
Caravaggio, l’artiglio e la luce
“Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Caravaggio, 1573 – Porto Ercole, 1610) Dal suo paese natale si recò a Roma, dove visse in trista miseria finché non fu accolto dal Cavalier d’Arpino che gli affidò i suoi primi lavori. Dopo essersi misurato con le nature morte, cominciò a dipingere le sue grandi tele drammatiche e religiose, col suo inimitabile chiaroscuro. La “Vocazione di San Matteo” è forse il suo capolavoro. Fu uomo di liti e di coltello. Commesso un omicidio in una rissa fuggì a Napoli, poi a Malta, dove fu imprigionato e dove riuscì ad evadere. Inseguito da sicari, sfregiato nel volto, approdò a Porto Ercole, dove morì di febbri.”
Così Antonio Tabucchi sintetizza la vicenda umana e artistica di Caravaggio, nel suo epico scontro tra l’ombra e la luce. Il percorso che presentiamo insegue appunto l’artista nel convergere di identità e destino, nella risposta a una vocazione i cui contenuti gli appaiono nello stesso tempo quanto mai chiari e quanto mai oscuri. In questa ricerca Caravaggio appare del tutto solo, come accade a ogni autentico rivoluzionario. La sua attività chiude un secolo e mezzo di esperienze altissime, pur non dimenticandone nessuna, apre un’altra epoca di diversa e totale modernità. Si parte dalle opere giovanili, dallo sconcertante erotismo dei soggetti apparentemente non religiosi: la natura di Armonia dell’androgino, i riferimenti cristologici presenti fin nella figura di Bacco e del suo calice di vino … Nelle opere mature esplode poi con inaudita violenza una realtà drammatica e brutale, evidenziata dal contrasto di ombra e luce. E’ quest’ultima che plasma ambienti e situazioni qualificandosi come apparizione simbolica o come evento drammatico nell’intensità dei gesti, in una sorta di quasi insostenibile contrazione temporale. Le composizioni più tarde mostrano una più nuda e rigorosa semplificazione degli spazi, la luce crea zone d’ombra se possibile ancora più profonde, con sinistri lampeggiamenti simili a ferite. In questo Caravaggio fu davvero, e fino in fondo, testimone della cultura del suo tempo. E cioè la Controriforma e la Riforma cattolica, con il comune progetto di un’arte che sapesse compungere le viscere e rivolgersi a più larghi strati di pubblico, a quel popolo escluso dai contenuti di aristocrazia intellettuale cari al Rinascimento. Ma anche la scienza, con la puntigliosa attenzione specifica rivolta alla terra e all’universo nel proposito di restituire all’uomo – e alla ragione dell’uomo - il suo posto nella esperienza reale - che era poi anche un modo di riconoscere comunque la dignità della vita quotidiana. Tuttavia proprio la spregiudicata aderenza al contenuto umano dei testi sacri travalica gli intenti della cultura dell’epoca, spaventa la committenza, spiega il sostanziale isolamento dell’artista e la sua progressiva emarginazione. Noi siamo i veri contemporanei del Caravaggio: o almeno proviamo a esserlo, riscoprendone ogni volta con stupore dettagli inediti. La drammaticità di un drappeggio, l’eloquenza di una mano, la violenza di un gesto: tutto è nuovo e continua a impressionarci. E’ a questo punto – e nello stesso tempo - incredibile e ben comprensibile che la religiosità del Caravaggio sia stata scambiata per dissacrazione … C’è una bella frase del poeta francese Christian Bobin che sembra scritta apposta per lui: Ho preso la mano del diavolo. Sotto i suoi artigli neri ho visto la luce. L’artiglio e la luce: forse è questa la sintesi più evidente dell’arte e del destino di Michelangelo da Caravaggio. Liliana Cantatore
ALPHAGALLERY 9°appuntamento (25 novembre 2014)
Nella sola serata di martedì 25 novembre ‘014 alle ore 21.00, all’interno della sua sede storica di Via del Pigneto 283, Alphaville ancora una volta si trasforma, primo Cineclub a Roma, in Galleria digitale con la guida di esperti ed amanti dell’arte che accompagneranno i visitatori in un viaggio coinvolgente da ‘seduti’ tra le tele ed i disegni di alcuni tra i più amati pittori del mondo!
Continua dunque la proposta squisitamente artistica di Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, prosegue con le affascinanti incursioni nel mondo delle pittura e delle arti visive dei grandi maestri anche contemporanei attraverso monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti , storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative tra gli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore ,capaci di arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il nono di una serie di appuntamenti con la pittura di tutti i tempi, questa volta dedicato al grande Giotto!
Alphagallery propone una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo … e tutto questo seduti comodamente in saletta!
Vi aspettiamo dunque martedì 25 novembre 2014 alle 21.00, imperdibile occasione destinata a tutti gli amanti dell’arte per conoscere più da vicino la vita, le opere, e il geniale talento del grande Giotto, artiglio e luce per se stesso e per la sua inconfondibile arte pittorica!
Giotto – Il peso della poesia
Appunti per ben partecipare…
Molte, forse troppe cose sulla pittura di Giotto, quasi niente su di lui. Questo a prescindere da aneddoti fioriti probabilmente mentre era ancora in vita, e raccolti più tardi dal Ghiberti e dal Vasari. E quelli li conosciamo tutti: il braccio a compasso e l’O di Giotto, la pecorella disegnata sul sasso dal pastorello seminudo sotto l’occhio ammirato di Cimabue e così via. Ogni eroe, ogni genio ha la propria leggenda. Giotto non smentisce questa regola. Le leggende possono poi anche vestirsi di professionalità ed essere assolutamente credibili. Vediamo le più note. L’azione di rinnovamento: Giotto restituì volume alla figura umana e diede un solido impianto spaziale alle sue composizioni. Della serie “addio a Bisanzio” … Anche in versione similare: Giotto superò l’aspetto bidimensionale dell’arte bizantina e diede impulso a un nuovo orientamento realistico. Ancora della serie addio a Bisanzio. V’è poi tutta un’altra serie legata al cambiamento del suo stesso stile: una prima fase in cui le figure sono corpose e tridimensionali, una seconda fase in cui le immagini si fanno allungate e gotiche e i gesti più concitati; una terza fase di intenso e vivace cromatismo. Naturalmente tutto vero. Oltre alle considerazioni sulla gestualità, sulla capacità narrativa, sulla evidenza delle emozioni, sulla attenzione allo spazio. E poi su come tutti questi elementi riescono a interagire tra di loro in una sintesi che colpisce e commuove. Anche qui progressivamente Giotto viene assimilato al suo mestiere di pittore, alla sua natura di genio. Le discussioni più appassionate su di lui riguardano ancora le attribuzioni, la difficoltà di distinguerlo dalle attività di una bottega che fece di lui una sorta di imprenditore costantemente in giro per l’Italia. Il nostro percorso parlerà inevitabilmente anche di questo. Ma la nostra vera intenzione, magari presuntuosa, tanto che un po’ ci vergogniamo a confessarla, è quella di dargli un volto, di ricostruire un’immagine, di inseguirlo nello spazio più intimo di emozioni che gli appartenevano e che tutto sembrano fuorché di maniera. Un Giotto che colora di poesia l’attitudine al dramma, ma anche viceversa. Appunto, il peso della poesia: gli alberi e i cespugli, radi e poetici, che crescono miracolosamente da rocce di pietra viva da cui l’acqua scaturisce poi come per miracolo; le figure raccolte su stesse che parlano nascondendo viso corpo e mani; la vicenda degli sguardi che si incontrano e rivelano drammi abissali e sconfinate tenerezze; gli angeli che conoscono angosce sconosciute anche agli uomini. Già. Il peso della poesia. Ma poi anche una costruzione altissima di pietra che è un miracolo di leggerezza, una sinfonia di verde e di rosa che si scambiano nella luce: la leggerezza della poesia. A ben considerare non è un caso se di lui, Giotto, si sa così poco. Era onnivoro: ma era anche, con tutta evidenza, un uomo capace di lavorare per sottrazione, di nascondersi per dire. Inseguirlo in questo suo essere segreto è ovviamente un rischio: ma al di là di una pretesa di lettura specialistica, che non abbiamo mai avuto, può essere un’impresa interessante e può essere un’impresa toccante. Liliana Cantatore
ALPHAGALLERY 10°appuntamento (18 aprile 2015)
Alphagallery 10° Academy
presenta
La rappresentazione della rappresentazione!
ARTI VISIVE e TEATRO nella cultura figurativa occidentale
Sabato 18 aprile ’15 h 21.00
Siamo proprio certi di "vedere" quello che ci sembra di star vedendo?!?
In realtà il nostro modo di guardare un quadro ed in genere di considerare il passato non risponde più ai parametri di chi lo ha dipinto e vissuto. Ci sono, dietro, altre condizioni di arte e di vita. E' bello quindi recuperarne un senso oggi meno avvertibile o magari ignoto. Non si toglie nulla a quanto già sentiamo: invece si recupera e si aggiunge, si avverte il gusto della storia, si dà al passato una vibrazione di presente. Quella che vi proponiamo è un'autentica, suggestiva, unica avventura intellettuale, che contiene in sè tutto il fascino della scoperta e tutto il sapore di una imprevedibile riscoperta! Liliana Cantatore
"…Partendo dai Maestri del Medioevo, la produzione pittorico/scultorea viene riletta attraverso le forme dell’azione scenica, recuperando i legami tra questi due modelli espressivi. Ne esce un continuo gioco di
rimandi, che affonda le radici nella tradizione classica e prosegue senza interruzione per tutta l’età moderna. Il suo passaggio fondamentale si compie nel momento in cui il laboratorio artistico dell’Occidente trasforma in scienza la più “teatrale” delle strategie estetiche: la composizione prospettica. " Marcello Spigaroli
Il prof. Marcello Spigaroli è architetto e docente al Politecnico di Milano, sede Piacenza.
Ancora un appuntamento squisitamente artistico per Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, propone incursioni nel mondo dell’arte anche contemporanea con monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti , storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative degli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore , che possano arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il decimo di una serie di appuntamenti con l’arte di tutti i tempi , presentato stavolta attraverso il particolarissimo percorso di un grande esperto d’arte capace di affascinarci con riflessioni ed esplorazioni uniche e sorprendenti! Alphagallery propone dunque una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo …
E , come sempre, stando comodamente seduti nell’accogliente saletta di Alphaville…
ALPHAGALLERY 11°appuntamento (3 luglio 2015)
ALPHAGALLERY 12°appuntamento (15 febbraio 2016)
Alphagallery 12° Academy
presenta
rappresentazione della rappresentazione!
ARTI VISIVE e TEATRO nella cultura figurativa occidentale
Lunedì 15 febbraio ’16 h 21.00
Ancora un appuntamento squisitamente artistico per Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, propone incursioni nel mondo dell’arte anche contemporanea con monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti , storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative degli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore , che possano arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il dodicesimo di una serie di appuntamenti con l’arte di tutti i tempi, presentato stavolta attraverso il particolarissimo percorso di un grande esperto d’arte capace di affascinarci con riflessioni ed esplorazioni uniche e sorprendenti! Alphagallery propone dunque una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo …
E dunque secondo prelibato appuntamento da gustare in saletta dedicato alle arti visive e curato come sempre dal Professore Marcello Spigaroli, architetto e docente al Politecnico di Milano-Piacenza che così ci introduce alla serata:
“…Partendo dai Maestri del Medioevo, la produzione pittorico/scultorea viene riletta attraverso le forme dell’azione scenica, recuperando i legami tra questi due modelli espressivi. Ne esce un continuo gioco di rimandi, che affonda le radici nella tradizione classica e prosegue senza interruzione per tutta l’età moderna. Il suo passaggio fondamentale si compie nel momento in cui il laboratorio artistico dell’Occidente trasforma in scienza la più “teatrale” delle strategie estetiche: la composizione prospettica In questo secondo incontro approfondiamo insieme il legame che, dal teatro e dalle arti figurative classiche/medievali/moderne, porta ad una costruzione dello spazio che si trasforma in visione del mondo. E che, dall’Umanesimo ai nostri giorni, non si separa dal pensiero occidentale.”
Marcello Spigaroli
Note a margine a cura di Liliana Cantatore
Siamo proprio certi di "vedere" quello che ci sembra di star vedendo? In realtà il nostro modo di guardare un quadro ed in genere di considerare il passato non risponde più ai parametri di chi lo ha dipinto e vissuto. Ci sono, dietro, altre condizioni di arte e di vita. E' bello quindi recuperarne un senso oggi meno avvertibile o magari ignoto. Non si toglie nulla a quanto già sentiamo: invece si recupera e si aggiunge, si avverte il gusto della storia, si dà al passato una vibrazione di presente. Quella che vi proponiamo è un'autentica, suggestiva, unica avventura intellettuale che contiene in sè tutto il fascino della scoperta e tutto il sapore di una imprevedibile riscoperta!
La bellezza ci raggiunge e ci avvolge semplicemente stando seduti in saletta!
Ad Alphaville l’Arte vi aspetta…
ALPHAGALLERY 13°appuntamento (23 febbraio 2016)
Martedì 23 febbraio ’16 h 21.00
Alpha(cine)gallery n°13
Liliana Cantatore presenta la photogallery ed il film
NON CADRANNO FOGLIE STASERA(1959)
di AndrejTarkovskij(1986-2016)
Ancora un appuntamento squisitamente artistico per Alphaville Cineclub che, come già in uso da qualche tempo nelle sale cinematografiche e nei club grandi e piccoli di molte tra le principali città europee, propone incursioni nel mondo delle arti visive anche contemporanea con monografiche e collettive d’autore presentate e guidate da esperti, storici, studiosi che, di volta in volta, accompagneranno con commenti, letture, riflessioni le immagini delle opere più significative degli artisti selezionati, secondo scelte anche personalissime ma sempre fatte con il cuore , che possano arricchire e far comprendere al meglio la vena artistica ed i temi sottesi ad ogni capolavoro! E’ questo il tredicesimo di una serie di appuntamenti, stavolta dedicato al grande regista russo ANDREJ TARKOVSKIJ a trent’anni dalla scomparsa, presentato attraverso la particolarissima photogallery di frozen frame tratti dai suoi film scelti e commentati da LILIANA CANTATORE, capace di affascinarci con riflessioni ed esplorazioni uniche e sorprendenti! La serata terminerà con la proiezione del secondo, poco conosciuto mediometraggio del regista , NON CADRANNO FOGLIE STASERA (1959, proiettato in versione originale) , racconto intenso e per certi versi apologetico del ritrovamento da parte di alcuni operai russi di missili tedeschi sotto una strada nei pressi di una scuola. Alphagallery propone dunque una nuova ed appetibile idea di Galleria d’arte sul grande schermo …
E , come sempre, stando comodamente seduti
nell’accogliente saletta di Alphaville…